sabato 9 settembre 2017

PER ESSERE ROMAGNA NON SERVE FARE UNA REGIONE

Per essere Romagna non serve fare una Regione

In queste ultime settimane è emerso un forte dibattito attorno alla Romagna, a partire dalla sua autonomia e da un Referendum sulla “Regione Romagna”.
Su questi temi il Movimento Romagnolo si è più volte espresso articolando idee precise. In particolare, le posizioni sono state illustrate, da un suo rappresentante Gilberto Zoffoli, consigliere comunale a Cesena, già  in un convegno che si è svolto a Forlì nell’aprile scorso con la presenza dell’attuale sindaco di Forlì, Drei, dell’ex sindaco sempre di Forlì, Balzani, dell’on. Di Maio e del vicepresidente del MAR, Poggiali.
Oggi attraverso questo documento il Movimento Romagnolo intende riassumere e riproporre al pubblico dibattito, le sue posizioni circa questi temi.
Innanzi tutto si vuole ribadire che prima di ogni risvolto organizzativo-strutturale è necessario richiamare e riaffermare con forza a quale “idea di Romagna” ci riferiamo, quale idea vogliamo promuovere e avanzare, in quanto questa non può essere ridotta ad una semplice colorazione folcloristica e di compagnia conviviale.
La Romagna è l’identità di un territorio, di un popolo e di una cultura; è l’espressione di un sistema economico e imprenditoriale; è l’insieme di relazioni che esprimono capacità e risorse.
In questa prospettiva diventa per la Romagna rilevante l’ente istituzionale che la rappresenta e che la mette in rapporto con altri livelli istituzionali. Un ente che sia una realtà capace di elaborare piani strategici , attuare direzioni politiche e amministrative significative. Un luogo istituzionale per la Romagna che non può essere ridotto ad un fatto gestionale di funzioni. In questo senso si dice no alla Romagna come Area Vasta ed anche no alla Romagna come  semplice “unione di Province”, quale somma pesata di diverse realtà.
Si tratta di identificare uno spazio istituzionale che:
ü  valorizzi le ricchezze e le forze che il territorio romagnolo ha nelle sue particolarità e specificità (“Territorio Romagna”);
ü  consenta ai Comuni, alle città, alle municipalità di esercitare quel ruolo centrale che devono avere nel governo del territorio (“la Romagna delle Città”);
ü  permetta alla Romagna di avere la capacità autonoma, politica ed amministrativa, di qualificarsi ed incidere nelle scelte strategiche proprie e relativamente agli altri territori (“Area Metropolitana Romagna”).
Quindi si tratta, prima di tutto di “Essere Romagna”.
Per fare questo non serve fare della Romagna una Regione!
In un quadro Europeo non è restringendo i confini delle Regioni che si attribuiscono a queste la loro giusta collocazione. Anzi è proprio l’opposto! Per l’Italia si dovrebbe ridurre il numero di Regioni, avviando una revisione costituzionale che porti alla definizione di macroRegioni.
Comuni, Province più grandi e macroRegioni dovrebbero essere il quadro istituzionale rappresentativo degli enti che governano i singoli territori i quali compongono la nostra nazionale italiana.
Il processo da attivare è quello di una fusione dei comuni, per rafforzare e rendere vitale la loro rappresentanza e la loro capacità di governare, non sottovalutando il sostegno anche economico che devono avere per superare la fatica amministrativa in cui oggi si trovano. Superamento delle Unioni dei Comuni, sostituendo con eventuali e semplici convenzioni la gestione comune di funzioni fra comuni. Creazione della Provincia Metropolitana Romagna, che, oltre alle caratteristiche che identificano la Romagna, con i suoi 73 comuni e oltre 1.1 milioni di abitanti può sicuramente collocarsi a fianco delle altre 12 città metropolitane italiane.
Non si può però sottovalutare l’attuale contesto di “disordine” istituzionale che soprattutto il quadro normativo ha determinato. La L. 56/2014 (Legge Del Rio) e la L.R. 13/2015 dell’Emilia Romagna (sul riordino istituzionale) hanno dato per scontato, con superficialità e arroganza, che al referendum del 4 dicembre avrebbe vinto il sì. Indubbiamente esse complicano la realizzazione di un progetto che richiede pertanto la scelta di avviare un processo scegliendo un percorso graduale di attuazione.
Il passaggio iniziale può essere la “fusione” delle tre Province (Rimini, Ravenna, Forlì-Cesena) con l’impegno per il riconoscimento di “Provincia Metropolitana Romagna”, il cui governo deve essere scelto dai cittadini attraverso elezioni dirette e i cui compiti devono avere un alto valore stategico.
Inoltre il percorso deve essere attuato con un ampio coinvolgimento. I 73 consigli comunali e i 3 consigli provinciali dovranno esprimersi con atti amministrativi in tal senso.


Un referendum poi può essere sicuramente necessario non però per chiedere la Regione Romagna, ma per sostenere la richiesta di costituzione della “Provincia Metropolitana Romagna”. 


domenica 30 luglio 2017

per Cesena: ATR un grande scatolone svuotato

A Cesena rimane un’ATR che è solo un grande scatolone svuotato 
e di cui i cittadini cesenati dovranno pagare per mantenerlo! 

Amministrare significa sicuramente compiere delle scelte! E questa amministrazione che si vanta delle tante scelte compiute, gran parte davvero sbagliate, su ATR Soc. cons. a r.l. ha deciso di fare una NON SCELTA! Il problema è che Cesena su ATR si trova praticamente con “il cerino in mano”, rischiando di bruciarsi e farsi male!
I fatti sono molto chiari! ATR ha subito una prima scissione per cui dal 1° marzo di quest’anno un ramo di questa società, quello relativo al Trasporto Pubblico Locale (TPL), è stato trasferito alla nuova agenzia di ambito romagnolo società Agenzia di Mobilità Romagnola - A.M.R. s.r.l. Consortile, che per le tre provincie, Forlì-Cesena, Rimini e Ravenna gestirà il trasporto locale su gomma e quindi il rapporto con il gestore START Romagna Spa (affidamento ormai scaduto da tempo).
Nel prossimo consiglio comunale fissato per giovedì 27 luglio viene proposta una delibera in cui si prospetta per ATR una seconda scissione, nella quale saranno liquidate le quote relative alla Provincia e quelle relative all’ambito forlivese, cioè Provincia e tutto il forlivese esce da ATR!
Con questa decisione si verifica che il “grande scatolone” di ATR, svuotato di tutto, rimarrà praticamente solo del comune di Cesena. Il capitale sociale di ATR passerà da €. 2.400.819,00 a €. 1.103239,75 e il Comune di Cesena passerà da una partecipazione societaria del 24,897% al 72,1568%!
Tutto questo mantenendo l’attuale struttura di ATR! Rimarranno in capo alla società tutti i costi diretti ed indiretti che aveva prima di questa seconda scissione. Si ricorda che solo poche unità di personale (circa una decina) sono state trasferite, con la prima scissione di ATR, alla Agenzia di Mobilità Romagnola e quindi, ad esempio, rimarrà su ATR tutto il costo del personale che in un ipotetico bilancio previsionale aumenterà di circa il 4% sul valore della produzione che sarà inevitabilmente e notevolmente ridotto!
Dopo questa seconda scissione ad ATR, praticamente solo del Comune di Cesena, rimarrà da gestirà le paline e le pensiline del TPL, alcune convenzioni per il trasporto scolastico di qualche Comune del comprensorio cesenate e  la sosta!
È davvero paradossale, inutile ed assurdo, il tentativo fatto nella delibera proposta al Consiglio Comunale di giustificare l’opportunità di mantenere operativa questa società partecipata, affidando le motivazioni economiche a dei valori di rating costruiti su un ipotetico bilancio previsionale 2018 che di reale ha davvero poco!
Occorre denunciare che questa “non scelta”  di dismettere ATR, dopo la costituzione dell’agenzia di mobilità romagnola, porterà Cesena ad avere una società partecipata mantenuta, nella sua gigantesca struttura, per gestire praticamente niente; il costo di tutto questo ancora una volta cadrà sulle spalle dei cesenati! La proposta alternativa è molto semplice, in quanto il Comune di Cesena può benissimo gestire in proprio le “paline” e le “pensiline” ed anche la sosta; inoltre può affidare la gestione di quelle poche convenzioni per il trasporto scolastico alle relative Unioni dei Comuni.
A questo punto poi è ridicolo che dopo questa “non scelta” di dismettere ATR il Partito Democratico venga, proprio nel prossimo Consiglio Comunale, a proporre una mozione in cui chiede la razionalizzazione delle partecipate del Comune. Forse sarebbe meglio che il PD dialogasse e si confrontasse con questo sindaco e questa giunta che continua ad appoggiare e sostenere! Ma a quanto pare l’isolamento di questa amministrazione è ormai totale.

lunedì 24 luglio 2017

…a proposito del “Tavolo dell’Enonomia e del Lavoro”
Non sia usato in modo strumentale dal Sindaco per esaltarsi
nel nuovo corso annunciato di “condivisione strategica”! 

L’insediamento del “Tavolo dell’Economia e del Lavoro” che avverrà martedì pomeriggio in Comune, presieduto dal Sindaco insieme all’Assessore allo Sviluppo Economico e al quale parteciperanno rappresentanti dei gruppi politici in consiglio comunale e associazioni di rappresentanza  imprenditoriale  e sociale, merita alcuni chiarimenti e considerazioni!
Innanzi tutto un avvertimento affinché il Sindaco, in questo suo improvviso e nuovo slancio nella ricerca di condivisione di una “visione strategica comune”, non usi in modo strumentale questo Tavolo, guidandolo in modo da non favorire e sviluppare davvero con libertà analisi, studi, narrazioni e proposte. Ma soprattutto occorre evitare che si finisca per limitare l’azione di questo tavolo ad un luogo di puro dialogo e confronto, che seppur utile, rende però il suo ruolo e il suo compito ripiegato su se stesso, in una falsa illusione che per argomenti come l’Economia e il Lavoro sia sufficiente prospettarne la condivisione per affrontare ciò che invece chiede risposte credibili, concrete e precise. La politica può e deve riappropriarsi del suo ruolo, in primo luogo della sua funzione di mediazione dei conflitti e interessi anche attraverso nuove forme di partecipazione. Così come le Associazioni di rappresentanza devono sentirsi socialmente responsabili e proporsi come soggetti capaci di progettualità. Per questo, e soprattutto attorno a temi come l’economia e il lavoro, è rilevante l’opportunità offerta da un tavolo come questo che unisca politica e associazioni, per giungere anche a indirizzi e proposte precise di cui però l’amministrazione dovrebbe farsene carico e assumerle come proprie.
In quest’ottica è l’invito al Sindaco a non “manipolare” e “strumentalizzare” uno spazio di questo genere per altre affermazioni politiche di parte, che davvero non servono per affrontare problemi che il sistema economico imprenditoriale e il lavoro in termini occupazionali ha anche nel nostro territorio. Magari potrebbe essere utile costituire una segreteria che affianchi la presidenza di questo tavolo, così da organizzarne i lavori e rendere meno accentratrice la gestione del tavolo stesso.
Economia e Lavoro sono sicuramente due argomenti; ciascuno dei quali ha elementi caratterizzanti nella situazione di crisi in cui ancora ci troviamo, nonostante i timidi segnali di ripresa, ma che non possono non essere tenuti in stretta connessione. Insieme devono essere affrontati e proposti. Isolarli significherebbe ad esempio non prendere in considerazione come la necessità di riagganciare la dimensione finanziaria e la dimensione economica dei processi produttivi, in un sostegno e una promozione della imprenditorialità di un territorio è strettamente collegata al lavoro nei suoi nuovi paradigmi. Così come non guardare al lavoro ritenendolo per la persona dignità e futuro, e quindi non valutare che il non lavoro indebolisce i legami sociali, isola, crea marginalità e potenzia i conflitti non sia ciò che è parte di uno sviluppo economico che tarda a riprendere e a crescere. Una reale giustizia sociale sta nel legame fra economia, sviluppo e lavoro.
Vorrei allora che questo tavolo affrontasse, in questa prospettiva, quali devono essere le priorità in riferimento allo sviluppo e al sostegno all'attività imprenditoriale; vorrei che si ponesse l’attenzione su aspetti come la disoccupazione, il lavoro povero, la scarsa retribuzione (molti lavorano ma non riescono ad arrivare a fine mese), la flessibilità del mercato del lavoro e il tipo di mercato del lavoro che oggi va promosso, le distorsioni fra sistema scolastico e mondo del lavoro (non e male l’idea di un Politecnico per la Romagna); vorrei che non dimenticassimo i giovani e il lavoro, in un sistema economico che tende a deprimerli consegnandoli come i nuovi poveri di domani.
Temi da affrontare con la consapevolezza che la prospettiva deve essere la “Romagna delle città”; che la politica deve avere una responsabilità amministrativa vincolante nelle scelte da attuare; che ogni percorso di risposta chiede risorse, anche finanziarie, capacità e competenze che devono essere messe in campo.
Argomenti quelli dell’economia e del lavoro che possono sembrare oltre le possibilità di un tavolo come questo e soprattutto al di fuori delle competenze di ciò che localmente è realizzabile. Ma questa è quell’ "utopia coraggiosa" di cui abbiamo bisogno per garantire il futuro. Un impegno con ostacoli, ma la vera politica è un "lento e faticoso superamento di ostacoli", e come direbbe Max Weber il compito di ogni vero capo, anzi di un vero eroe: "E anche coloro che non sono capi né eroi devono armarsi di quella fermezza interiore che è in grado di reggere al crollo di ogni speranza". Di questo impegno abbiamo bisogno per rendere possibile domani quello che oggi è, o sembra, impossibile.