sabato 9 settembre 2017

PER ESSERE ROMAGNA NON SERVE FARE UNA REGIONE

Per essere Romagna non serve fare una Regione

In queste ultime settimane è emerso un forte dibattito attorno alla Romagna, a partire dalla sua autonomia e da un Referendum sulla “Regione Romagna”.
Su questi temi il Movimento Romagnolo si è più volte espresso articolando idee precise. In particolare, le posizioni sono state illustrate, da un suo rappresentante Gilberto Zoffoli, consigliere comunale a Cesena, già  in un convegno che si è svolto a Forlì nell’aprile scorso con la presenza dell’attuale sindaco di Forlì, Drei, dell’ex sindaco sempre di Forlì, Balzani, dell’on. Di Maio e del vicepresidente del MAR, Poggiali.
Oggi attraverso questo documento il Movimento Romagnolo intende riassumere e riproporre al pubblico dibattito, le sue posizioni circa questi temi.
Innanzi tutto si vuole ribadire che prima di ogni risvolto organizzativo-strutturale è necessario richiamare e riaffermare con forza a quale “idea di Romagna” ci riferiamo, quale idea vogliamo promuovere e avanzare, in quanto questa non può essere ridotta ad una semplice colorazione folcloristica e di compagnia conviviale.
La Romagna è l’identità di un territorio, di un popolo e di una cultura; è l’espressione di un sistema economico e imprenditoriale; è l’insieme di relazioni che esprimono capacità e risorse.
In questa prospettiva diventa per la Romagna rilevante l’ente istituzionale che la rappresenta e che la mette in rapporto con altri livelli istituzionali. Un ente che sia una realtà capace di elaborare piani strategici , attuare direzioni politiche e amministrative significative. Un luogo istituzionale per la Romagna che non può essere ridotto ad un fatto gestionale di funzioni. In questo senso si dice no alla Romagna come Area Vasta ed anche no alla Romagna come  semplice “unione di Province”, quale somma pesata di diverse realtà.
Si tratta di identificare uno spazio istituzionale che:
ü  valorizzi le ricchezze e le forze che il territorio romagnolo ha nelle sue particolarità e specificità (“Territorio Romagna”);
ü  consenta ai Comuni, alle città, alle municipalità di esercitare quel ruolo centrale che devono avere nel governo del territorio (“la Romagna delle Città”);
ü  permetta alla Romagna di avere la capacità autonoma, politica ed amministrativa, di qualificarsi ed incidere nelle scelte strategiche proprie e relativamente agli altri territori (“Area Metropolitana Romagna”).
Quindi si tratta, prima di tutto di “Essere Romagna”.
Per fare questo non serve fare della Romagna una Regione!
In un quadro Europeo non è restringendo i confini delle Regioni che si attribuiscono a queste la loro giusta collocazione. Anzi è proprio l’opposto! Per l’Italia si dovrebbe ridurre il numero di Regioni, avviando una revisione costituzionale che porti alla definizione di macroRegioni.
Comuni, Province più grandi e macroRegioni dovrebbero essere il quadro istituzionale rappresentativo degli enti che governano i singoli territori i quali compongono la nostra nazionale italiana.
Il processo da attivare è quello di una fusione dei comuni, per rafforzare e rendere vitale la loro rappresentanza e la loro capacità di governare, non sottovalutando il sostegno anche economico che devono avere per superare la fatica amministrativa in cui oggi si trovano. Superamento delle Unioni dei Comuni, sostituendo con eventuali e semplici convenzioni la gestione comune di funzioni fra comuni. Creazione della Provincia Metropolitana Romagna, che, oltre alle caratteristiche che identificano la Romagna, con i suoi 73 comuni e oltre 1.1 milioni di abitanti può sicuramente collocarsi a fianco delle altre 12 città metropolitane italiane.
Non si può però sottovalutare l’attuale contesto di “disordine” istituzionale che soprattutto il quadro normativo ha determinato. La L. 56/2014 (Legge Del Rio) e la L.R. 13/2015 dell’Emilia Romagna (sul riordino istituzionale) hanno dato per scontato, con superficialità e arroganza, che al referendum del 4 dicembre avrebbe vinto il sì. Indubbiamente esse complicano la realizzazione di un progetto che richiede pertanto la scelta di avviare un processo scegliendo un percorso graduale di attuazione.
Il passaggio iniziale può essere la “fusione” delle tre Province (Rimini, Ravenna, Forlì-Cesena) con l’impegno per il riconoscimento di “Provincia Metropolitana Romagna”, il cui governo deve essere scelto dai cittadini attraverso elezioni dirette e i cui compiti devono avere un alto valore stategico.
Inoltre il percorso deve essere attuato con un ampio coinvolgimento. I 73 consigli comunali e i 3 consigli provinciali dovranno esprimersi con atti amministrativi in tal senso.


Un referendum poi può essere sicuramente necessario non però per chiedere la Regione Romagna, ma per sostenere la richiesta di costituzione della “Provincia Metropolitana Romagna”. 


domenica 30 luglio 2017

per Cesena: ATR un grande scatolone svuotato

A Cesena rimane un’ATR che è solo un grande scatolone svuotato 
e di cui i cittadini cesenati dovranno pagare per mantenerlo! 

Amministrare significa sicuramente compiere delle scelte! E questa amministrazione che si vanta delle tante scelte compiute, gran parte davvero sbagliate, su ATR Soc. cons. a r.l. ha deciso di fare una NON SCELTA! Il problema è che Cesena su ATR si trova praticamente con “il cerino in mano”, rischiando di bruciarsi e farsi male!
I fatti sono molto chiari! ATR ha subito una prima scissione per cui dal 1° marzo di quest’anno un ramo di questa società, quello relativo al Trasporto Pubblico Locale (TPL), è stato trasferito alla nuova agenzia di ambito romagnolo società Agenzia di Mobilità Romagnola - A.M.R. s.r.l. Consortile, che per le tre provincie, Forlì-Cesena, Rimini e Ravenna gestirà il trasporto locale su gomma e quindi il rapporto con il gestore START Romagna Spa (affidamento ormai scaduto da tempo).
Nel prossimo consiglio comunale fissato per giovedì 27 luglio viene proposta una delibera in cui si prospetta per ATR una seconda scissione, nella quale saranno liquidate le quote relative alla Provincia e quelle relative all’ambito forlivese, cioè Provincia e tutto il forlivese esce da ATR!
Con questa decisione si verifica che il “grande scatolone” di ATR, svuotato di tutto, rimarrà praticamente solo del comune di Cesena. Il capitale sociale di ATR passerà da €. 2.400.819,00 a €. 1.103239,75 e il Comune di Cesena passerà da una partecipazione societaria del 24,897% al 72,1568%!
Tutto questo mantenendo l’attuale struttura di ATR! Rimarranno in capo alla società tutti i costi diretti ed indiretti che aveva prima di questa seconda scissione. Si ricorda che solo poche unità di personale (circa una decina) sono state trasferite, con la prima scissione di ATR, alla Agenzia di Mobilità Romagnola e quindi, ad esempio, rimarrà su ATR tutto il costo del personale che in un ipotetico bilancio previsionale aumenterà di circa il 4% sul valore della produzione che sarà inevitabilmente e notevolmente ridotto!
Dopo questa seconda scissione ad ATR, praticamente solo del Comune di Cesena, rimarrà da gestirà le paline e le pensiline del TPL, alcune convenzioni per il trasporto scolastico di qualche Comune del comprensorio cesenate e  la sosta!
È davvero paradossale, inutile ed assurdo, il tentativo fatto nella delibera proposta al Consiglio Comunale di giustificare l’opportunità di mantenere operativa questa società partecipata, affidando le motivazioni economiche a dei valori di rating costruiti su un ipotetico bilancio previsionale 2018 che di reale ha davvero poco!
Occorre denunciare che questa “non scelta”  di dismettere ATR, dopo la costituzione dell’agenzia di mobilità romagnola, porterà Cesena ad avere una società partecipata mantenuta, nella sua gigantesca struttura, per gestire praticamente niente; il costo di tutto questo ancora una volta cadrà sulle spalle dei cesenati! La proposta alternativa è molto semplice, in quanto il Comune di Cesena può benissimo gestire in proprio le “paline” e le “pensiline” ed anche la sosta; inoltre può affidare la gestione di quelle poche convenzioni per il trasporto scolastico alle relative Unioni dei Comuni.
A questo punto poi è ridicolo che dopo questa “non scelta” di dismettere ATR il Partito Democratico venga, proprio nel prossimo Consiglio Comunale, a proporre una mozione in cui chiede la razionalizzazione delle partecipate del Comune. Forse sarebbe meglio che il PD dialogasse e si confrontasse con questo sindaco e questa giunta che continua ad appoggiare e sostenere! Ma a quanto pare l’isolamento di questa amministrazione è ormai totale.

lunedì 24 luglio 2017

…a proposito del “Tavolo dell’Enonomia e del Lavoro”
Non sia usato in modo strumentale dal Sindaco per esaltarsi
nel nuovo corso annunciato di “condivisione strategica”! 

L’insediamento del “Tavolo dell’Economia e del Lavoro” che avverrà martedì pomeriggio in Comune, presieduto dal Sindaco insieme all’Assessore allo Sviluppo Economico e al quale parteciperanno rappresentanti dei gruppi politici in consiglio comunale e associazioni di rappresentanza  imprenditoriale  e sociale, merita alcuni chiarimenti e considerazioni!
Innanzi tutto un avvertimento affinché il Sindaco, in questo suo improvviso e nuovo slancio nella ricerca di condivisione di una “visione strategica comune”, non usi in modo strumentale questo Tavolo, guidandolo in modo da non favorire e sviluppare davvero con libertà analisi, studi, narrazioni e proposte. Ma soprattutto occorre evitare che si finisca per limitare l’azione di questo tavolo ad un luogo di puro dialogo e confronto, che seppur utile, rende però il suo ruolo e il suo compito ripiegato su se stesso, in una falsa illusione che per argomenti come l’Economia e il Lavoro sia sufficiente prospettarne la condivisione per affrontare ciò che invece chiede risposte credibili, concrete e precise. La politica può e deve riappropriarsi del suo ruolo, in primo luogo della sua funzione di mediazione dei conflitti e interessi anche attraverso nuove forme di partecipazione. Così come le Associazioni di rappresentanza devono sentirsi socialmente responsabili e proporsi come soggetti capaci di progettualità. Per questo, e soprattutto attorno a temi come l’economia e il lavoro, è rilevante l’opportunità offerta da un tavolo come questo che unisca politica e associazioni, per giungere anche a indirizzi e proposte precise di cui però l’amministrazione dovrebbe farsene carico e assumerle come proprie.
In quest’ottica è l’invito al Sindaco a non “manipolare” e “strumentalizzare” uno spazio di questo genere per altre affermazioni politiche di parte, che davvero non servono per affrontare problemi che il sistema economico imprenditoriale e il lavoro in termini occupazionali ha anche nel nostro territorio. Magari potrebbe essere utile costituire una segreteria che affianchi la presidenza di questo tavolo, così da organizzarne i lavori e rendere meno accentratrice la gestione del tavolo stesso.
Economia e Lavoro sono sicuramente due argomenti; ciascuno dei quali ha elementi caratterizzanti nella situazione di crisi in cui ancora ci troviamo, nonostante i timidi segnali di ripresa, ma che non possono non essere tenuti in stretta connessione. Insieme devono essere affrontati e proposti. Isolarli significherebbe ad esempio non prendere in considerazione come la necessità di riagganciare la dimensione finanziaria e la dimensione economica dei processi produttivi, in un sostegno e una promozione della imprenditorialità di un territorio è strettamente collegata al lavoro nei suoi nuovi paradigmi. Così come non guardare al lavoro ritenendolo per la persona dignità e futuro, e quindi non valutare che il non lavoro indebolisce i legami sociali, isola, crea marginalità e potenzia i conflitti non sia ciò che è parte di uno sviluppo economico che tarda a riprendere e a crescere. Una reale giustizia sociale sta nel legame fra economia, sviluppo e lavoro.
Vorrei allora che questo tavolo affrontasse, in questa prospettiva, quali devono essere le priorità in riferimento allo sviluppo e al sostegno all'attività imprenditoriale; vorrei che si ponesse l’attenzione su aspetti come la disoccupazione, il lavoro povero, la scarsa retribuzione (molti lavorano ma non riescono ad arrivare a fine mese), la flessibilità del mercato del lavoro e il tipo di mercato del lavoro che oggi va promosso, le distorsioni fra sistema scolastico e mondo del lavoro (non e male l’idea di un Politecnico per la Romagna); vorrei che non dimenticassimo i giovani e il lavoro, in un sistema economico che tende a deprimerli consegnandoli come i nuovi poveri di domani.
Temi da affrontare con la consapevolezza che la prospettiva deve essere la “Romagna delle città”; che la politica deve avere una responsabilità amministrativa vincolante nelle scelte da attuare; che ogni percorso di risposta chiede risorse, anche finanziarie, capacità e competenze che devono essere messe in campo.
Argomenti quelli dell’economia e del lavoro che possono sembrare oltre le possibilità di un tavolo come questo e soprattutto al di fuori delle competenze di ciò che localmente è realizzabile. Ma questa è quell’ "utopia coraggiosa" di cui abbiamo bisogno per garantire il futuro. Un impegno con ostacoli, ma la vera politica è un "lento e faticoso superamento di ostacoli", e come direbbe Max Weber il compito di ogni vero capo, anzi di un vero eroe: "E anche coloro che non sono capi né eroi devono armarsi di quella fermezza interiore che è in grado di reggere al crollo di ogni speranza". Di questo impegno abbiamo bisogno per rendere possibile domani quello che oggi è, o sembra, impossibile.

venerdì 15 aprile 2016

Io vado a votare e voto sì!


Perché ci sia chiarezza, io vado a votare e voto sì!

Riguardo al referendum di domenica prossima, due sono gli aspetti sui quali occorre decidere. Il primo è se partecipare al voto e, nel caso si vada a votare, occorre scegliere come esprimersi:  decidere per il sì oppure per il no al requisito posto dal referendum!
Innanzi tutto se andare a votare! Il referendum è uno dei tre strumenti di democrazia diretta, previsti dalla costituzione, che vedono i cittadini artefici delle sorti statali. Occorre allora ribadire, proprio per come si articola un referendum e per rispondere alle diverse posizioni, che è legittimo sia andare a votare che astenersi. Certo è che l’astensione non può essere promossa per liquidare in modo frettoloso e non argomentato i temi messi in gioco dal contenuto referendario. Su questo ultimo punto mi pare si possa lamentare una carenza d’informazione e di coinvolgimento dei cittadini chiamati a votare. Non è sufficiente che il Presidente del Consiglio Matteo Renzi si sia espresso per l’astensione che questa debba diventare motivo di scelta.  
Referendum inutile o necessario! Argomenti a sostegno del sì o motivazioni per il no?
La mia decisione è quella che domenica al referendum andrò a votare, e voterò per il sì!
Quello che mi spinge fortemente in tal senso è che dobbiamo chiedere chiarezza e provocare la politica, scuotere chi è al governo di questo Paese!
Certo è che il quesito referendario sopravvissuto all’esame della Corte Costituzionale ha un impatto limitato rispetto alla questione ben più complessa, sollevata dall’iniziativa referendaria promossa dalle Regioni con gli iniziali sei quesiti. Come noto, infatti, il quesito riguarda la richiesta di non far più durare la concessione estrattiva fino all’esaurimento del giacimento. È d’altro canto pur vero che tale iniziativa ha già sortito l’effetto di far cambiare posizione al Governo, che con il decreto “Sblocca Italia” del 2014 aveva riaperto all’attività di ricerca di nuove riserve di idrocarburi, mentre nella legge di Stabilità del 2016 fa riferimento esclusivo alle concessioni già attive. Così è sopravvissuto questo sesto quesito referendario!
Allora andare a votare per questo referendum ha sicuramente un valore simbolico di richiamo alla questione energetica; il 17 aprile  2016  è  una  buona  occasione  per  porre  l’attenzione  dell’effetto sull’ambiente e sul sistema economico delle nostre spese e dei nostri consumi. Occorre che realmente ci sia il passaggio ad una politica industriale ed energetica più attenta all’ambiente. Serve a poco al nostro governo aderire agli obiettivi di riduzione fissati al COP21 di Parigi del novembre scorso se poi si prolungano e si continua a rilasciare concessioni per trivellazioni.
Rispetto al merito, diversi sono i motivi che mi spingono per esprimere un sì al quesito referendario.
Sul versante ambientale, alcuni argomenti sono che, comunque la si veda, le  attività  di  routine  delle  piattaforme  possono  rilasciare  sostanze  chimiche inquinanti   e   pericolose   per   l’ecosistema  marino,   con  un   forte   impatto sull’ambiente e sugli esseri viventi. Inoltre la  tecnica  dell’airgun  (esplosioni  di  aria  compressa),  producendo  emissioni acustiche,   incide   sulla   fauna   marina   elevando   il   livello   di   stress   dei mammiferi marini, modificando il loro comportamento e indebolendo il loro sistema  immunitario.  Inoltre,  tale  tecnica  provoca  danni  diretti  a  un’ampia gamma di organismi marini e  altera  la  piramide  alimentare.  La  tecnica  dell’airgun  potrebbe  causare anche l'abbassamento della superficie del suolo, la cosiddetta subsidenza.
Altri sul versante economico fanno ritenere che gli idrocarburi presenti in Italia appartengono al patrimonio dello Stato, ma lo Stato  dando  in  concessione  a  società  private , per  lo  più  straniere,  la possibilità  di  sfruttare  i  giacimenti  esistenti  perde  ogni  diritto  su  di  essi. Quindi,  sono  le  società  private  che  guadagnano  da  ciò  che  viene  estratto disponendo degli idrocarburi come meglio credono. Oltre alla scarsità di produzione che deriva dalle estrazioni in corso, bisogna non dimentichiamo che le  ricchezze  dell’economia  italiana  sono  il  turismo,  la  pesca,  il  patrimonio artistico culturale e le piccole e medie imprese. Sono questi i settori in cui lo Stato  italiano  dovrebbe  puntare  essendo  quelli  con  una  maggiore  possibilità di  profittabilità  e  crescita  sostenibile,  mentre  l’estrazione  degli  idrocarburi potrebbe portare a perdite nei settori della pesca e del turismo. Infine ricordiamo che un  esito  positivo  del  referendum  non  farebbe  cessare  immediatamente,  ma solo progressivamente ogni attività di trivellazione in corso e, quindi, anche la perdita di posti di lavoro sarebbe graduale. Inoltre,  questi ultimi potrebbero essere  ampiamente  compensati  dal  lavoro  che  si  potrebbe  creare  investendo nelle energie rinnovabili e in settori industriali compatibili.

domenica 24 gennaio 2016

A Cesena un PD diverso!

A Cesena un PD diverso!

L’assemblea legislativa regionale dell’Emilia Romagna il 12 di questo mese ha approvato due risoluzioni presentate dal PD, entrambe approvate dall’Assemblea, e che impegnano la giunta Regionale in due precise direzioni. La prima, volta al “finanziamento di progetti di rilancio dei centri storici attraverso interventi che passino anche per il sostegno al commercio di vicinato in essi ospitato”, mentre la seconda risoluzione impegna la giunta a “sostenere il settore del commercio indicando come le amministrazioni locali “devono avere un’adeguata considerazione di questo settore”.
Vedendo queste risoluzioni approvate viene da chiedersi ma a Cesena il Partito Democratico in che direzione si muove? Su quali indirizzi si orienta rispetto a quanto sta facendo lo stesso partito a livello regionale? C’è qualcuno che guida questo partito?
Ma ancora di più viene da domandarsi quanto a Cesena il PD interagisca, solleciti, indirizzi promuova, … l’azione di governo di questa giunta! Oppure davvero l’ormai “imposto” piano di mandato del Sindaco non ha  possibilità di verifica, di evoluzione almeno da parte di quel partito, l’unico ormai, che sostiene il governo di questa città?
Queste considerazioni non vogliono certo inserirsi nella gestione e nelle relazioni interne di un altro partito; intendono però rilevare come, forse, LiberaCesena non dice cose fuori dal mondo quando afferma l’urgenza di compiere azioni amministrative concrete di “rilancio del centro storico”, di “sostegno al commercio di vicinato nel centro storico”  e di avere in generale “un’adeguata considerazione verso il commercio”.
Dispiace allora vedere come gli emendamenti al bilancio 2016 che LiberaCesena aveva proposto proprio in queste direzioni, partendo da un alleggerimento fiscale, non siano stati accettati.
Non si comprende come quanto si animi in questa città a favore di un contributo, di proposte per il centro storico, anche attraverso libere iniziative di liberi cittadini, sia sempre e costantemente valutate come contrapposizione all’amministrazione, come azioni nemiche!
Non si giustifica come da una parte il PD regionale sollecita un sostegno al commercio di vicinato mentre dall’altra il PD cesenate continua imperterrito a rafforzare, anzi a raddoppiare grossi centri commerciali, il Montefiore ne sarà un esempio!
Tutto questo non si riesce a capire, diventando ingiustificabile!
Certa, però, è la preoccupazione che questa città sia governata da un partito che non ha più in se la capacità di pensare, confrontarsi e indirizzare a partire dall’interesse comune per Cesena e per il suo futuro! 

Gilberto Zoffoli
Portavoce e Capogruppo consiliare di liberaCesena

NON POSSIAMO TACERE SULLA LIBERTÀ DELLA DONNA

Consiglio Comunale di Cesena
Ordine Del Giorno
su
NON POSSIAMO TACERE SULLA LIBERTà DELLA DONNA

PREMESSO
Quanto accaduto durante la notte di Capodanno a Colonia, e verificatisi in preoccupante simultaneità anche in alte città tedesche ed europee riguardo gli orrendi episodi di furto e aggressioni sessuali nei confronti delle donne

il Consiglio COMUNALE DI cESENA
esprime solidarietà e vicinanza alle donne di Colonia e delle altre città
che sono state vittime di oltraggi e abusi sessuali

affermando che
ü Non possiamo tacere sui fatti di Colonia in cui decine di donne sono state vittime di molestie, abusi e violenze. È nostra responsabilità esprimere la ferma e piena condanna di quanto è accaduto, insieme alla solidarietà e vicinanza alle donne che sono state così brutalmente attaccate.
ü Non possiamo non condannare gli uomini che a Colonia si sono avventati come animali sulle donne in festa per il Capodanno perché volevano punire la libertà delle loro vittime. Hanno palpeggiato, molestato, umiliato, violentato, picchiato le donne che osavano andare da sole, considerando prede da disprezzare e da percuotere le donne che facevano pubblicamente uso di una libertà che viene considerata inconcepibile, peccaminosa, simbolo di perversione, perché donne che studiano e lavorano. Che sposano chi desiderano. Che non sono costrette a uscire solo in compagnia dell’uomo. Che bevono e mangiano in libertà, entrano nei locali, brindano a mezzanotte, indossano jeans e magliette, fanno sport e si scoprono per praticarlo, hanno la sfrontatezza di festeggiare il Capodanno con i loro amici maschi. Per chi considera la libertà delle donne un peccato da estirpare, le donne libere sono delle poco di buono da umiliare, da riempire di lividi. Come si fa con gli esseri considerati inferiori!
ü Non possiamo ritenere che la libertà che è stata negata e vilipesa in una delle piazze simbolo dell’Europa — la piazza della più importante cattedrale tedesca — sia meno cruciale della libertà d’espressione colpita un anno fa in Francia nell’assalto a Charlie Hebdo.
ü Non possiamo non considerare i fatti di Colonia come semplice criminalità comune. Sono da considerare un attacco culturale alla nostra libertà e alla nostra civiltà.
ü Non possiamo confondere la grande massa di immigrati e di profughi che oggi chiede accoglienza a tutti i Paesi europei, con gli uomini-animali del Capodanno di Colonia.
ü Non possiamo trascurare che alla base dell’accoglienza e dell’integrazione c’è il rispetto. Il rispetto significa esigere dall’altro quello che si pretende per sé. “Se vuoi che io rispetti la tua religione, devi rispettare la mia. Se vuoi che io rispetti la tua vita, i tuoi valori, le tue abitudini, devi rispettare il mio mondo”. Perché il rispetto non può che essere reciproco. E va praticato come un’etica pubblica riconosciuta da tutti.
ü Non possiamo confondere la realtà dei fatti che ci porta, per proteggere gli stranieri dagli estremismi e dalla xenofobia, a non inorridirci per le donne aggredite e per i diritti violati. In nome del principio, che è a fin di bene, di fare molta attenzione a non suscitare le reazioni violente e a non incoraggiare il razzismo e l’esclusione, si finisce però col nascondere la verità. Riflessi estremisti e xenofobi sono nutriti anche dal silenzio e dagli imbarazzi.
ü Non possiamo non affermare  che chi ha organizzato quei soprusi e violato le leggi deve essere individuato e punito.
ü Non possiamo non chiedere con forza che le indagini delle forze di polizia siano veloci e trasparenti e consentano quanto prima l'individuazione dei responsabili. Il fenomeno ha però di per sé dei tratti inquietanti su cui è bene che sia fatta quanta più chiarezza possibile per evitare che una situazione simile si possa ripetere nuovamente in qualsiasi altro luogo.
ü Non possiamo sottovalutare che le molestie di massa nei confronti di tante donne, la loro libertà negata e vilipesa a Colonia e in altre città europee nella notte di Capodanno sono la spia di una ferita culturale che oggi rischia di travolgere il disegno di una Europa unita nei valori della tolleranza, dell’integrazione pacifica e della solidarietà
ü Non possiamo nasconderci come la violenza contro le donne è, purtroppo, un fenomeno presente ovunque, anzi i diritti delle donne non sono mai stati così nuovamente minacciati come negli ultimi anni, in Asia, nei Paesi arabi, in Africa, negli Stati Uniti, in America Latina e anche in Europa (una donna su tre, secondo gli ultimi dati Eurostat).
ü Non possiamo retrocedere sulla faticosa strada percorsa in tanti anni per perseguire quei traguardi di un’indipendenza adeguata e di una libertà della donna all’insegna dei diritti, nel pieno rispetto delle pari opportunità, per il raggiungimento di una dignità sociale che intende dare il giusto ruolo nella società civile, anche se molta strada è ancora da fare. Nessuno ha il diritto di scalfire queste conquiste.

Cesena, 20 gennaio 2019


Gruppo Consiliare Libera Cesena

Capogruppo, Gilberto Zoffoli

domenica 8 novembre 2015

In ricordo del Sen. Lorenzo Cappelli

MOZIONE SU:
“La città di Cesena ricorda il Sen. Lorenzo Cappelli”

Gilberto Zoffoli, Consiglio Comune del 05.11.2015

Con questa Mozione chiediamo che oggi, questo Consiglio comunale, ricordi con partecipazione la scomparsa avvenuta il 15 ottobre scorso di un nostro illustre concittadino.
Chiediamo di ricordare il Sen. Prof. Lorenzo Cappelli!
Auspichiamo che venga intitolato a Lorenzo cappelli uno spazio pubblico, una piazza, una via, una rotonda, una sala!
Vogliamo oggi ricordarlo!
Vorrei ricordare Lorenzo Cappelli attraverso legami personali, per la vicinanza che ho avuto con lui in questi ultimi anni. Con Cappelli ho condiviso la costruzione di uno spazio di cultura politica (Movimento Romagnolo di pensiero e di agire politico “Eligio Cacciaguerra) che rispondesse ad un bisogno di rinnovamento dell’agire politico. Da Cappelli ho avuto incoraggiamento e sostegno affinché mi compromettessi dentro un’avventura politica che mi ha portato a candidarmi sindaco alle ultime elezioni amministrative.
Ritengo però bene compiere questo ricordo in un altro modo!
Con il Senatore Lorenzo Cappelli scompare un protagonista della storia politica di questa nostra terra di Romagna al termine di una lunga vita  dedicata, con autentica passione, alla costruzione del bene comune, esempio mirabile di dedizione e servizio, nell’esercizio intelligente e pacato dell’impegno politico e delle responsabilità amministrative.
La figura del Sen. Lorenzo Cappelli non può essere relegata alla memoria di qualcuno anche se di molti!
Senza la pretesa di dare conto di tutta un’esistenza vissuta intensamente, vorrei provare, allora, a ricordare Cappelli in tre modi: un primo narrando brevemente chi è stato, un secondo attraverso una citazione che Cappelli amava richiamare spesso e un terzo modo leggendo un breve brano di un discorso di una figura a cui Cappelli faceva riferimento costante.
v Chi è stato Lorenzo Cappelli!    
Cappelli nasce a Mercato Saraceno il 2 giugno 1922. Laureato in fisica, professore di matematica (ha insegnato anche nella scuola media di S. Piero), preside, è sempre rimasto legato a Sarsina. Sindaco di Sorbano dal 1948 per tre anni (il Comune di Sorbano verrà poi assorbito da Sarsina nel 1964), dal 1951 al 1995 ricopre ininterrottamente la carica di Sindaco di Sarsina. Dopo l’interruzione di un mandato, torna nel 1999 ad essere Sindaco di Sarsina  fino al 2009. Cappelli per ben 57 anni della sua vita è stato Sindaco!
Ha vissuto con intensità e da amministratore gli anni del dopoguerra, gli anni della ricostruzione! È stato presidente delle Case popolari della Provincia di Forlì dal 1964 al 1971. Poi ha ricoperto la carica di Presidente  della Camera di Commercio. Eletto alla Camera dei Deputati nel 1976  e riconfermato nel 1979; nel 1987 viene poi eletto Senatore. Quando dovrà scegliere tra il mandato parlamentare ed il ruolo di Sindaco sceglie di continuare a fare il Sindaco.
Cappelli, dal 1958 al 1964 e dal 1971 al 1971 è stato anche segretario provinciale della Democrazia Cristiana subentrando a Gino Mattarelli.
Cappelli, nella sua vita, ha rivolto il suo impegno in molti altri ambiti. Vorrei ricordare il suo impegno attivo e determinante nel MAR (Movimento per l’Autonomia della Romagna).
Una vita intensa, una splendida figura di amministratore e di uomo politico che si è dedicato al bene della sua gente, dentro le istituzioni, difendendone il valore e il senso democratico.
v La politica è la forma più alta della carità!   
Questa citazione di Paolo VI è quanto Cappelli amava ripetere, prima di tutto a se stesso, per caratterizzare il suo impegno e i suoi comportamenti.
La politica che per Cappelli è stata la dedizione di una vita; una politica certamente non vissuta come professione, da professionista, ossessivamente volta alla ricerca di un’affermazione personale, perché ai politici è chiesto di cercare non il proprio tornaconto ma la dignità umana. Una vita politica, quella di Cappelli, illuminata dall’onestà, dalla rettitudine, dalla discrezione, dall’eleganza, dall’autorevolezza, dal prodigarsi per il bene comune. Davvero un esempio di buon politico! 
La forma che attraverso l’azione politica significa dare risposte, dare concretezza!  Perché la politica necessariamente deve avere la forma di scelte che incontrano i bisogni della gente che abita la città! Quella forma che cambia, trasforma le difficoltà, le sofferenze in opportunità, in crescita, in sviluppo, in ricchezza. Quella forma che permette al volto umano della città di esprimersi, di vivere, di guardare in alto. Rammendare la città è la forma che la politica può avere oggi!
L’altezza della politica passa necessariamente nel servizio! Servire le istituzione, appoggiarsi alla democrazia, essere amministratori della cosa pubblica è la misura alta con la quale ci si deve relazionare sempre. Istituzioni che vanno servite e non usate, democrazia che va promossa e non occupata, la cosa pubblica che va amministrata come bene di tutti e non di pochi! Cappelli ha sempre ritenuto che ci fosse un modo alto di vivere la politica: servendo, promuovendo e amministrando!
La carità! Questo è il senso ultimo che la politica ha nella sua forma e nel suo modo alto di essere vissuta. La carità è chinarsi verso il basso, verso le povertà, verso le situazioni di sofferenza e di difficoltà. La Carità è volgere lo sguardo verso la vita, verso il futuro, verso la costruzione del bene per ogni uomo; carità è parte di quel dinamismo della bontà che si dispiega verso l’amicizia sociale.   
v Voi avete un solo diritto!
      Una figura alla quale Cappelli faceva riferimento costantemente nel suo impegno politico per la città era Giorgio La Pira.
E allora, vorrei come ultimo passaggio di questo ricordo del Sen. Lorenzo Cappelli, leggere uno stralcio del discorso che La Pira, Sindaco della Città di Firenze, fece al suo consiglio comunale il 24 settembre del 1954, un momento molto difficile della ricostruzione del Paese, in cui il tema della casa era devastante.

Discorso al Consiglio Comunale 24 settembre 1954 
 (…) Signori, io dico a voi, chiunque voi siate: se voi foste sfrattati? Se l'ufficiale giudiziario buttasse sulla strada voi, la vostra sposa, i vostri figli, i vostri mobili, voi che fareste?
Ditemi voi, come fareste? In una comunità cittadina non bestiale ma umana è possibile lasciare senza soluzione un problema così drammatico per la sua improrogabilità ed urgenza?
È possibile che un Sindaco, di qualunque parte sia, se ne resti indifferente davanti a tanta cruda sofferenza?  Ripeto, se capitasse a voi, che fareste? 
Nelle relazioni fra gli uomini bisogna sempre porsi questa domanda nella quale sta l'essenza della legge di amore che il Signore ci comanda: se tu fossi in una determinata posizione cosa vorresti che venisse a te fatto? Non si sbaglia mai quando si sbaglia per eccesso di generosità e di amore: si sbaglia sempre, invece, quando si sbaglia per difetto di comprensione e di amore!
Ebbene, signori Consiglieri, io ve lo dichiaro con fermezza fraterna ma decisa: voi avete nei miei confronti un solo diritto: quello di negarmi la fiducia!
Ma non avete il diritto di dirmi: signor Sindaco non si interessi delle creature senza lavoro (licenziati o disoccupati), senza casa (sfrattati), senza assistenza (vecchi, malati, bambini, ecc.).
È il mio dovere fondamentale questo: se c'è uno che soffre io ho un dovere preciso: intervenire in tutti i modi con tutti gli accorgimenti che l'amore suggerisce e che la legge fornisce, perché quella sofferenza sia o diminuita o lenita. 
Altra norma di condotta per un Sindaco in genere e per un Sindaco cristiano in ispecie non c'è!
Quindi, signori Consiglieri, è bene parlare chiaro su questo punto! Ripeto, voi avete un diritto nei miei confronti: negarmi la fiducia: dirmi con fraterna chiarezza: signor La Pira lei è troppo fantastico e non fa per noi! Ed io vi ringrazierò: perché se c'è una cosa cui aspiro dal fondo dell'anima è il mio ritorno al silenzio ed alla pace della cella di San Marco, mia sola ricchezza e mia sola speranza!
Ed è forse bene, amici, che voi vi decidiate così! Io non sono fatto per la vita politica nel senso comune di questa parola: non amo le furbizie dei politici ed i loro calcoli elettorali; amo la verità che è come la luce; la giustizia, che è un aspetto essenziale dell'amore; mi piace di dire a tutti le cose come stanno: bene al bene e male al male.
Un uomo così fatto non deve restare più oltre nella vita politica che esige - o almeno si crede che esiga - altre dimensioni tattiche e furbe! Ma se volete che resti ancora sino al termine del vostro viaggio allora voi non potete che accettarmi come sono: senza calcolo, fare il bene perché è bene!
Alle conseguenze del bene fatto ci penserà Iddio! 
                Cappelli, nella sua vita ha fatto bene, scegliendo sempre di fare il bene!